Archivio news
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27 maggio 2024
PFAS: gli inquinanti eterni
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9 aprile 2024
Brachi Testing Services sostiene il Progetto di prevenzione senologica “Salute in Comune” 2024
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14 marzo 2024
BTS HANGZHOU il primo laboratorio italiano in Cina ad essere approvato dalla Dogana Cinese come “GACC Acceptance testing Agency”
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1 marzo 2024
ISO 3758 Textiles: Care Labelling Code Using Symbols. E' uscita la versione 4
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28 luglio 2023
REAL-TIME PCR
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21 febbraio 2023
Brachi partner tecnico di “Feel the Green | Behind the Stage”
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25 febbraio 2021
Brachi è il primo laboratorio in Europa approvato da ZDHC per l’analisi delle acque di scarico da conceria
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17 febbraio 2021
ULTERIORE TRASPARENZA VERSO IL MERCATO RUSSO QR CODE DataMatrix
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22 ottobre 2020
Riparte il settore moda lusso in Cina
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21 settembre 2020
BTS si accredita “ZDHC MRSL 2.0 Accepted Conformance Indicator”
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27 luglio 2020
Novità di luglio del regolamento REACH
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27 aprile 2020
Brachi torna al servizio della filiera
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25 marzo 2020
Chiusura laboratorio Italia causa Covid-19
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5 febbraio 2020
CERTIFICAZIONE DI CONFORMITÀ PER ARABIA SAUDITA NUOVA PROCEDURA OBBLIGATORIA
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16 gennaio 2020
Brachi ospita il Miroglio Fashion Workshop
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18 dicembre 2019
Novità dal mondo ZDHC
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10 dicembre 2019
Brachi riceve il prestigioso China Award
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11 novembre 2019
Partecipa all'Evento Annuale 4sustainability!
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6 marzo 2019
ZDHC premia Brachi con il Level 1!
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10 febbraio 2019
Microplastiche: è il turno di New York
12 maggio 2014
Made In, Strasburgo approva
L'UE rende obbligatoria l'indicazione del paese d'origine sui prodotti
Il primo tempo della partita europea per il MADE IN si è conclusa a favore dell’Italia, che il 15 aprile è riuscita a portare a casa la proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo superando l’ostruzionismo tedesco.
Con 485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni, il Parlamento Europeo ha chiesto infatti di superare l’attuale sistema volontario e rendere obbligatoria per fabbricanti e importatori l’indicazione sui prodotti del paese d’origine.
È l’epilogo di una lunga battaglia intrapresa fin dal 2005, quando l’Italia aveva sollecitato con forza un intervento normativo capace di offrire maggiori informazioni ai consumatori, rafforzando anche la lotta alla contraffazione.
L’opposizione della Germania e dell’area angloscandinava, tuttavia, hanno reso l’iter subito complicato e per ragioni evidenti. Se da un lato, per l’Italia, inserire l’origine del prodotto rappresenta un valore aggiunto, per la Germania il vantaggio è dubbio.
La relatrice sulla sicurezza dei prodotti, la danese Christel Schaldemose, ha definito il voto “un grande passo in avanti verso la trasparenza della catena di fornitura dei prodotti”, criticando tuttavia gli Stati membri per non essere stati capaci di arrivare a una posizione comune in Consiglio sul regolamento nel suo complesso. Grazie al voto del Parlamento, però, il negoziato dovrebbe avviarsi ora a una conclusone positiva.
“Il Consiglio deve solo prendere atto del voto del Parlamento e rispettarlo», ha detto Sergio Cofferati, vicepresidente della Commissione parlamentare per il mercato interno e la protezione dei consumatori. E considerando che a luglio comincia anche il semestre di presidenza italiana, la strada dovrebbe davvero in discesa.
Se tutto andrà come deve, l’etichetta MADE IN sarà utilizzata obbligatoriamente per tutti i prodotti non alimentari venduti nell’Unione, fatte salve alcune eccezioni come i medicinali. Secondo la proposta approvata a Strasburgo, i produttori potranno scegliere se mettere sull’etichetta la dicitura Made in EU oppure direttamente il nome del loro paese, un “ammorbidimento” che nulla toglie alla sostanza della decisione.
Un limite, semmai, è rappresentato dal fatto che per le merci prodotte fuori dall’Unione, il paese di origine debba considerarsi quello in cui è avvenuta “l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale”. Se una camicia è fatta in Bangladesh, per esempio, ma i bottoni sono cuciti in Italia come ultimo passaggio, il prodotto può essere etichettato Made in Italy.
Una vittoria senza “se” né “ma” va considerata invece la richiesta relativa alle sanzioni a carico delle imprese inadempienti, sanzioni che dovranno essere “proporzionate e dissuasive”, tenendo conto della gravità, della durata, del carattere intenzionale o ricorrente della violazione e della dimensione della società.